Incontro con il rapper Amir Issaa
Il 24 Marzo 2022, la nostra classe, la 3 I, ha incontrato il rapper Amir Issaa in videoconferenza di Google Meet.
Amir ci ha raccontato che si è avvicinato al rap quando era piccolo, verso i quattordici anni. Suo padre è egiziano e la madre italiana, di Roma. Amir, nato e cresciuto nel quartiere romano di Torpignattara, da piccolo cambia il suo nome in Massimo per assomigliare agli altri bambini: è la mamma a decidere di chiamarlo così per proteggerlo. Quindi spesso, fino a quando non ha preso in mano la sua carta d’identità, si è chiesto chi fosse: Amir o Massimo? Amir si avvicina al rap dopo che suo padre finisce in carcere, ascolta questo genere musicale sul walkman e poi inizia a scrivere dei testi dove racconta tutto ciò di cui ha avuto e ha paura: quindi, il suo intento non è stato quello di diventare famoso ma di sfogarsi.
Amir crede che alcuni rapper di oggi decodificano molti testi e valori: non è il rap a essere violento ed esplicito ma è chi lo fa. Ascoltare questo tipo di testi non è sbagliato, ma bisogna avere senso critico e non cercare di imitare questi soggetti, perché, come dice Amir, l’originalità nel rap è fondamentale.
Amir pensa che l’Auto-Tune sia uno stile vocale e che non sia sbagliato usarlo: infatti, alcune canzoni cantate con l’Auto-Tune sono belle. Il problema è che con questo strumento non si riesce a capire bene se il cantante è bravo a cantare o no.
Per Amir i graffiti sono ancora oggi una passione: infatti, il suo libro Educazione Rap ha come copertina proprio un suo graffito taggato Cina. Amir ci ha raccontato che da piccolo scappava di casa la notte e andava con un suo amico a realizzare graffiti su muri non legali per sfogarsi. Ora Amir dipinge ancora graffiti, sui muri cittadini riservati agli street artists.
Questa è la copertina del libro
https://www.facebook.com/amirissaa78/videos/1102122876976608
Amir da piccolo vuole solo fare soldi ed essere famoso, ma poi, crescendo, capisce che i valori della vita sono altri e adesso i soldi gli servono per pagare l’affitto o per mandare il figlio all’università, ma comunque per lui i soldi non sono l’unico scopo della vita, sfatando così il mito del rapper che fa sold out e guadagna una valanga di soldi.
A noi l’incontro con Amir, rapper di seconda generazione, è piaciuto molto: abbiamo capito, fin dalla lettura del libro Educazione Rap, che fare rap non è facile come sembra soprattutto se non si ha qualcosa da dire, da raccontare o da sfogare. Infatti, la parola rap è un acronimo che significa Rhythm and Poetry, ovvero Ritmo e Poesia: il rap, quindi, fa riscoprire il potere delle parole, quello che rende liberi e capaci di esprimere ciò che siamo e cosa abbiamo intorno. E’ ciò che abbiamo provato a fare, nelle ore di Musica, attraverso il tentativo di scrittura in piccoli gruppi di alcune barre ed è stata un’esperienza davvero unica rappare insieme ad Amir.
Allegra Corsi
Carolina Fainardi
3^I